Di ciò che faccio in questo posto.

Posted on 13 marzo 2012

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Quasi sempre è gente che corre, che scappa o che, semplicemente, non sa di fuggire via dall’abbraccio di qualcuno. La mia gente, quelli che popolano le mie linee, la mia fantasia, l’immaginario da cui attingo è gente voltata di spalle.
Poi c’è l’altro lato della medaglia: quelli che cercano, che raccolgono, che sostengono e abbracciano. Quelli che rincorrono.

Io vivo in tutti loro, sono tutti loro. Meglio: loro sono tutti me.
Madame magra come un chiodo seppellita in un enorme maglione nero, Davide che scrive e rincorre qualcosa che non ha ancora (e io neppure) capito cosa è. Lei che si bagna i piedi nella fontana di Monte Oliveto. Lei che si guarda allo specchio derisa dal suo stesso riflesso. Lui che se ne sta immobile cercando di capire qual’è il prossimo passo da fare, quello giusto. Lui che vive il lutto di una perdita ancora sanguinante di ferita aperta. Lei che si riscopre figlia di studiando i propri gesti.

Ma non è tutto semplice e immediato. Tutte queste cose qui siete anche voi, tutto ciò che scrivo è la tensione a includere il meglio e il peggio di ciò che vedo in un ordine più comprensibile della vita, che la vita è solo disordine ed è difficile da intendere.
Io raccolgo ciò che mi passa davanti, lo scelgo con cura rispettando il mio personalissimo gusto, i miei canoni di bellezza, e ve lo ripropongo catalogato, ripulito, facilitato. Poi chi legge se lo riscriverà negli occhi in una forma nuova a lui comprensibile, lo ricatalogherà e prenderà ciò che gli piace, lo intenderà secondo il suo sguardo.

Questo è ciò che amo della scrittura: cambia ad ogni passaggio di testimone, diventando qualcosa in più e, inevitabilmente, qualcosa in meno.